Basilea 2 delinea un nuovo panorama regolamentare all’interno del quale dovranno orientarsi la Banche. L’obiettivo perseguito dal Comitato di Basilea (comitato istituito nel 1974 tra i governatori delle Banche Centrali dei paesi maggiormente industrializzati) è quello di prevenire, attraverso l’adozione di una politica economica e finanziaria comune, il rischio di fallimento delle banche.
Considerato che il fallimento di un istituto di credito, può avere ripercussioni tali da giungere ad incidere sul sistema finanziario ed economico di un’intera nazione, è evidente come diventi di centrale importanza l’intento perseguito dal Comitato di Basilea.
L’accordo, la cui entrata in vigore è prevista per il 1° gennaio 2007, è in realtà già operativo dal 2004 in quanto le nuove procedure devono essere sottoposte a tre anni di “rodaggio” per poter essere applicate. Basilea 2, dunque, mira a minimizzare il rischio di fallimento degli istituti bancari e creditizi.
La soluzione offerta, che va a sostituirsi e ad integrare i contenuti del primo accordo di Basilea, prevede tre principi fondamentali, detti, nella terminologia dei sottoscrittori “pilastri” (pillar):
- Requisiti patrimoniali minimi (con questo principio viene stabilita la percentuale di capitale minimo che deve essere detenuto dalle banche in funzione del rischio complessivamente assunto),
- Processo di controllo prudenziale (con questo principio viene stabilito che il controllo prudenziale, con riferimento al controllo sostanziale e non solo formale della norma riguardante i requisiti di capitale, deve essere effettuato dagli Istituti di vigilanza; vengono inoltre stabilite le responsabilità degli stessi istituti e gli standard di riferimento ai fini del controllo);
- Disciplina di mercato (il terzo pilastro definisce i livelli minimi di informazione che ogni banca , soggetta agli obblighi derivanti da Basilea 2, deve fornire al mercato in tema di: patrimonio di vigilanza, esposizione ai rischi, processi di valutazione dei rischi ed ambito di applicazione).