I recenti interventi riformatori in materia societaria hanno, non tanto ripensato singoli istituti giuridici, quanto riscritto il diritto delle imprese, dando a queste, per taluni rilevanti profili, una nuova veste giuridica.
L’esigenza primariamente avvertita; è stata quella di predisporre tipi societari flessibili, efficaci strumenti per l’accrescimento delle risorse finanziarie del Paese, e quindi strutture organizzate anche per affrontare la concorrenza di modelli societari altrettanto organizzati e flessibili.
In tal senso la riforma ha inteso accrescere e valorizzare in modo significativo gli spazi riservati all’autonomia statutaria. Tale autonomia ha trovato massima espressione in quelle società che non fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio (società a responsabilità limitata innanzitutto, e società per azioni c.d. “chiuse”), riducendosi via via per quei modelli societari che a tale mercato fanno ricorso (società per azioni c.d. “aperte”), ed in cui è necessario tutelare altri interessi quali quello del pubblico risparmio, non adeguatamente garantito dalla capacità di negoziazione delle parti sul mercato.
Concretamente questa si esplica nella possibilità di prevedere strutture organizzative diversificate in riferimento al modello societario adottato.
Nella S.r.l. (per cui si prevede ora un autonomo complesso di norme) la figura del socio e i rapporti contrattuali tra soci rivestono un ruolo centrale: tanto che, per tale società, è possibile prevedere la facoltà di adottare un modello organizzativo che non preveda la tradizionale bipartizione presente nelle società di capitali tra organo assembleare e organo amministrativo, lasciando la scelta dell’organizzazione interna agli accordi tra i soci.
Nelle Spa l’autonomia, anche se ridotta, si esprime soprattutto nella possibilità di scelta del modello di governo societario: accanto all’attuale sistema, imperniato sulla presenza di un organo di controllo (il collegio sindacale) accanto all’organo amministrativo previsto dalla vigente disciplina, è possibile ora optare tra i due seguenti modelli:
- un modello dualistico in cui si prevede un consiglio di sorveglianza nominato dall’assemblea accanto all’organo di gestione, deputato ad esercitare il controllo sulla gestione societaria;
- un modello monistico in cui vi è la compresenza di un organo di controllo all’interno dello stesso organo amministrativo, formato da amministratori non deputati all’amministrazione della società (non executive directors) dotati di specifici requisiti di indipendenza e investiti di adeguati poteri di controllo sulla gestione.
Alla valorizzazione ed accrescimento dell’autonomia statutaria si è accompagnata la semplificazione dei procedimenti e adempimenti (si pensi alle semplificazioni del procedimento assembleare, attinente ai diversi profili della pubblicità, degli adempimenti per la partecipazione, delle modalità di discussione e di voto).
Le misure volte a migliorare l’efficienza e la competitività delle imprese devono però intrecciarsi, in un sistema giuridico evoluto, con la necessità di tutelare interessi ulteriori rispetto a quelli degli azionisti (in particolare delle minoranze azionarie) e dei creditori sociali, riguardanti i profili di tutela del pubblico risparmio, della trasparenza del mercato, del lavoro, dell’ambiente, etc.
Le finalità della riforma sono dirette, quindi, a perseguire una crescita responsabile dell’impresa, realizzabile sostanzialmente attraverso la duplice garanzia da una parte di efficienza e competitività della struttura organizzativa societaria e, dall’altra, di trasparenza dell’informazione ed efficacia dei sistemi dei controlli. Ed è proprio il sistema dei controlli (innanzitutto controllo contabile, ma anche controllo interno sulla gestione, controllo dei modelli organizzativi e gestionali adottati dalla società, controllo di qualità), ce a costituire lo strumento principale di verifica della “tenuta” e della coerenza e dell'attendibilità complessiva del sistema; presupposto, questo, indispensabile per la crescita competitiva dell’impresa.