Secondo la Nadef 20201, la pressione fiscale subirà un ulteriore
incremento nel corso dell'anno pari a 0,1 punti per poi innalzarsi
ulteriormente e drasticamente di 0,5 punti nel 2021 fino a raggiungere
il 43%. Il biennio successivo, sempre nelle stime Nadef,
prevede un rientro di 0,2 punti nel 2022 e 0,2 punti nel 2023 per un
totale di 0,4 punti, comunque inferiore all'incremento che si avrebbe
nel biennio 2020-2021 stimato pari a +0,6.
Nel 2019, la pressione fiscale italiana ha ripreso a crescere, dopo
cinque anni di progressivo rientro, portandosi al 42,4% con un
incremento di 0,7 punti rispetto al 2018. Con 1,4 punti percentuali in
più della media, l'Italia si colloca al sesto posto in
Europa, scalando una posizione rispetto al 2018. Al netto del sommerso e
dell'economia illegale, pari al 12% del Pil, ovvero 215 miliardi di
euro, la pressione fiscale raggiunge il 48,2% (+5,8 punti percentuali
rispetto a quella ufficiale) e nel confronto
europeo balzerebbe al 1° posto.
In estrema sintesi, la pressione fiscale è e resta alta,
sbilanciata dal lato del lavoro rispetto al consumo,
prevalentemente centrale, fortemente condizionata dall'esistenza di un
vasto sommerso economico, pesantemente schiacciata dal livello
della spesa pubblica. Nonostante il continuo richiamo alle
semplificazioni è parcellizzata in una miriade di singoli tributi,
mentre il prelievo risultasempre più concentrato su poche imposte.
Pertanto, ogni tentativo di ridurla si scontra
con leesigenze del bilancio pubblico appesantito da un'elevata spesa
sociale, da inefficienze e sprechi e dal servizio del debito.