Il
contributo analizza la regolamentazione delle collaborazioni familiari
introdotta dalla legge Cirinnà, soffermandosi in particolare sulla
disciplina dettata dall'art. 230-ter
c.c. per le prestazioni di lavoro rese dai conviventi more uxorio.
Si evidenziano i presupposti applicativi della nuova fattispecie e le
incertezze interpretative relative alla corretta qualificazione del
rapporto di collaborazione, proponendo una soluzione
esegetica per l'inquadramento previdenziale e fiscale dell'attività di
lavoro del convivente nell'impresa familiare. A tale proposito, il
contributo stigmatizza il "cortocircuito" della prassi amministrativa
dell'INPS e dell'Agenzia delle entrate, formatasi
su una disciplina legale già di per sé lacunosa.
Nella
legge Cirinnà, infatti, non si rinviene alcuna previsione circa la
disciplina delle assicurazioni sociali dei conviventi more uxorio,
differentemente
dalla fattispecie delle unioni civili per le quali il problema è
risolto alla radice attraverso la disposizione di cui all'art. 1, co.
20, l. n. 76/2016, che equipara l'unito civilmente al coniuge con
l'immediata estensione al primo delle tutele sociali del
secondo.
Ad
oggi, la lacuna normativa non è stata colmata neanche sul piano
interpretativo dall'INPS che, alla luce dei requisiti soggettivi
per l'iscrizione alla gestione commercianti e artigiani, attraverso la
circolare esplicativa n. 66 del 31 marzo 2017, ha preso
atto
che il convivente di fatto non è contemplato dalle leggi istitutive
delle gestioni autonome e ha reputato che le relative prestazioni di
lavoro non siano soggette ad obbligo assicurativo.
Negando l'iscrizione alla gestione artigiani e commercianti, però,
l'INPS non ha chiarito come vada valutato il convivente rispetto al
sistema di assicurazione sociale, ingenerando una situazione di grave
incertezza nella gestione dei rapporti di collaborazione
familiare. Al momento la copertura previdenziale sembra di fatto
impedita così come è dubbio l'assoggettamento a contribuzione
obbligatoria delle quote di utile, ingenerando difficoltà anche sul
piano amministrativo.
In
ossequio al principio universalistico che informa il sistema di tutela
previdenziale, però, ai collaboratori dell'imprenditore convivente non
può essere
negata protezione sociale, vieppiù perché, al di là del titolo
giuridico in base al quale l'attività viene prestata, l'ordinamento è
ormai proiettato verso "l'estensione degli ambiti soggettivi di
riferimento della tutela previdenziale a tutti i produttori
di reddito da lavoro, genericamente considerati". Stante questa
ineludibile necessità, il documento indaga la compatibilità della
iscrizione del convivente che collabora nell'impresa familiare alla
gestione separata INPS al fine di ristabilire le condizioni
minime di protezione sociale necessitate dall'ordinamento. Sul piano
operativo, la tesi proposta necessita di riscontro da parte dell'INPS
che, qualora avalli la soluzione interpretativa, dovrà fornire le
istruzioni operative utili per l'iscrizione del collaboratore,
per il calcolo della contribuzione e per il suo versamento.