Il 4 novembre 2017 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale (n. 258) la Legge 17 ottobre 2017 n. 161 recante
"Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di
prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al
codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie
del codice di procedura penale e altre disposizioni.
Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e
confiscate",
disciplina entrata in vigore il 19 novembre 2017.
Si
tratta di una riforma che, con interventi mirati anche al Decreto
Legislativo n. 159/2011 (c.d. codice antimafia e delle misure di
prevenzione di seguito anche
"CAM"), contiene snodi significativi per l'applicazione delle misure di
prevenzione, per la gestione dei beni e per la loro destinazione a
seguito della confisca definitiva da parte dello Stato.
La Legge n. 161/2017 è intervenuta, tra l'altro, sul contenuto della relazione
ex art. 41 CAM dedicata alla gestione delle aziende in sequestro.
Come
noto, detta relazione deve essere predisposta dall'amministratore
giudiziario e dallo stesso presentata all'autorità giudiziaria nonché
trasmessa all'Agenzia
Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC) entro tre mesi
dalla nomina, prorogabili per giustificati motivi a sei mesi. La
relazione, a norma del novellato art. 41 CAM, deve contenere:
a) gli ulteriori dati acquisiti, integrativi di quelli già esposti nella relazione di cui all'art. 36, co. 1;
b) l'esposizione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria, con lo stato analitico ed estimativo delle attività;
c) una dettagliata analisi sulla sussistenza
di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività,
tenuto conto del grado di caratterizzazione della stessa con il proposto
e i suoi familiari, della natura dell'attività
esercitata, delle modalità e dell'ambiente in cui è svolta, della forza
lavoro occupata e di quella necessaria per il regolare esercizio
dell'impresa, della capacità produttiva e del mercato di riferimento
nonché degli oneri correlati al processo di legalizzazione
dell'azienda. Nel caso di proposta di prosecuzione o di ripresa
dell'attività è allegato un programma contenente la descrizione
analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, che
deve essere corredato, previa autorizzazione del giudice
delegato, della relazione di un professionista in possesso dei
requisiti di cui all'art. 67, co. 3, lett.
d), del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito anche
"L.F.") e successive modificazioni, che attesti la veridicità dei dati
aziendali e la fattibilità del programma medesimo, considerata la
possibilità di avvalersi delle agevolazioni e delle
misure previste dall'art. 41-bis CAM;
d) la stima del valore di mercato dell'azienda, tenuto conto degli oneri correlati al processo di legalizzazione della stessa;
e) l'indicazione delle attività esercitabili solo con autorizzazioni, concessioni e titoli abilitativi.
Una novità significativa, rintracciabile nel testo dell'art. 41 CAM post riforma,
si rinviene allorché l'amministrazione giudiziaria proponga
all'autorità giudiziaria la prosecuzione o ripresa dell'attività di
impresa. In tali casi, il legislatore della
riforma ha introdotto l'obbligo in capo all'amministrazione giudiziaria
di avvalersi di un professionista in possesso dei requisiti di cui
all'art. 67, co. 3, lett. d) L.F.,
chiamato a redigere una relazione che attesti la veridicità dei dati
aziendali e la fattibilità del programma di prosecuzione o ripresa
dell'attività d'impresa.
Il legislatore della riforma (come già successo per il
sub procedimento di verifica dei crediti), ha voluto - piuttosto
frettolosamente - fare indossare al procedimento di prevenzione un abito
già confezionato per le procedure concorsuali, anziché provare a
cucirne uno specifico che si adattasse alla particolare
ed esclusiva conformazione che assume la gestione di un'impresa
sequestrata o confiscata sicché, ancora una volta, prima della prova sul
campo, si delineano già nette le criticità che comporterà
l'applicazione di una siffatta normativa.
In
effetti la previsione in argomento genera molteplici criticità
applicative, che impongono all'interprete un significativo sforzo
ermeneutico finalizzato ad adattare un istituto, nato in
un contesto normativo assolutamente diverso, nell'ambito di una
disciplina con presupposti giuridici e sviluppi procedimentali
diametralmente opposti.
Da
qui l'idea del Consiglio Nazionale di elaborare il presente documento
che illustra in termini dogmatici e pratici, le principali criticità
derivanti dall'applicazione del neo istituto dell'attestazione
di "prevenzione" fornendo agli addetti ai lavori uno strumento
operativo corredato anche di una proposta di indice che potrà assurgere a
guida operativa per la attestazione antimafia.
Il presente contributo
si struttura, quindi, in due "Parti" tra loro connesse. La prima Sezione
esamina prevalentemente la disciplina da una prospettiva giuridica, con
l'intendimento di inquadrare la normativa
e fornire considerazioni inerenti all'interpretazione delle principali
criticità rilevate. La seconda Sezione illustra gli "strumenti di
lavoro" a cui il professionista incaricato può fare riferimento per
l'espletamento degli incarichi, principalmente, di
amministratore giudiziario e di attestatore indipendente. A questo
fine, peraltro, vale la pena di osservare che il contenuto del lavoro
risulta, laddove ciò è apparso possibile, in linea, con quanto già
prodotto dal Consiglio Nazionale in materia. Per quanto
detto, per le tematiche di interesse generale non coperte dal
contributo si rinvia per quanto rileva la predisposizione dei piani,
in primis, ai "Principi per la redazione dei piani di risanamento", e, per quanto attiene all'attestazione ai
"Principi di attestazione dei piani di risanamento" (CNDCEC, 2014).